I Cranberries sono stati uno dei fenomeni musicali più interessanti e apprezzati della prima metà degli anni Novanta, uno dei pochi che ha saputo fare da contrappeso al grunge americano. Ma anche il primo gruppo rock irlandese a ricavarsi uno spazio in un orizzonte dominato in maniera incontrastata dagli U2. Un miracolo, quest’ultimo, reso possibile dalla voce inconfondibile di Dolores O’Riordan, divenuta fin da subito modello da emulare per moltissime cantanti. E tuttavia, passata quasi in un baleno da un minuscolo sobborgo di campagna ai riflettori di tutto il mondo e cresciuta in un’epoca precedente ai social network – dove tutti espongono tutto di sé per ventiquattro ore al giorno, come fossero le star del Truman Show – Dolores non si è mai completamente adattata a essere divenuta personaggio pubblico. “Vorrei poter cantare senza essere mai guardata”, ha ripetuto in più occasioni. Ma la O’Riordan non è stata solo l’interprete, è stata anche l’autrice di tutti i testi dei Cranberries e di quelli della parentesi da solista. Liriche quasi sempre incentrate su di sé, nelle quali mostra in trasparenza e senza alcuna mediazione le proprie luci e ombre; e molto spesso la propria fragilità. La contraddizione tra questa intimità esposta e il disagio di avere migliaia di occhi estranei sempre puntati addosso è solo apparente e sembra anzi confermare per paradosso la non accettazione dello status di star. È come se ogni volta ci dicesse: scrivo per me, non mi importa che cosa pensiate e non vi devo giustificare niente. Che è in fin dei conti l’essenza della poesia: dire soltanto il proprio “particulare” per parlare dell’universale.
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Daniele Lucchini – DOLORES O’RIORDAN & THE CRANBERRIES. TESTI COMMENTATI
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I Cranberries sono stati uno dei fenomeni musicali più interessanti e apprezzati della prima metà degli anni Novanta, uno dei pochi che ha saputo fare da contrappeso al grunge americano. Ma anche il primo gruppo rock irlandese a ricavarsi uno spazio in un orizzonte dominato in maniera incontrastata dagli U2. Un miracolo, quest’ultimo, reso possibile dalla voce inconfondibile di Dolores O’Riordan, divenuta fin da subito modello da emulare per moltissime cantanti. E tuttavia, passata quasi in un baleno da un minuscolo sobborgo di campagna ai riflettori di tutto il mondo e cresciuta in un’epoca precedente ai social network – dove tutti espongono tutto di sé per ventiquattro ore al giorno, come fossero le star del Truman Show – Dolores non si è mai completamente adattata a essere divenuta personaggio pubblico. “Vorrei poter cantare senza essere mai guardata”, ha ripetuto in più occasioni. Ma la O’Riordan non è stata solo l’interprete, è stata anche l’autrice di tutti i testi dei Cranberries e di quelli della parentesi da solista. Liriche quasi sempre incentrate su di sé, nelle quali mostra in trasparenza e senza alcuna mediazione le proprie luci e ombre; e molto spesso la propria fragilità. La contraddizione tra questa intimità esposta e il disagio di avere migliaia di occhi estranei sempre puntati addosso è solo apparente e sembra anzi confermare per paradosso la non accettazione dello status di star. È come se ogni volta ci dicesse: scrivo per me, non mi importa che cosa pensiate e non vi devo giustificare niente. Che è in fin dei conti l’essenza della poesia: dire soltanto il proprio “particulare” per parlare dell’universale.
Daniele Lucchini
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25/02/2021